3 maggio 2009

Iniziamo da una riflessione

Il “mestiere di insegnare”
di Daniela Bianchi[1] da vari articoli pubblicati su ENAM notizie

I mezzi di comunicazione, gli istituti di ricerca dedicano da tempo la loro attenzione alla classe insegnante italiana. Abbiamo letto e ascoltato analisi e riflessioni sull’attività dei docenti, sul loro ruolo, sui loro problemi. Si sono espressi, nei termini più diversi, giornalisti, intellettuali, psicologi, politici e studenti. Chi non ha ancora preso la parola sul proprio ruolo e sul senso della propria professione, siamo proprio noi insegnanti.
Con questa riflessione voglio mettere a confronto le mie idee con le vostre su ciò che significa oggi “insegnare”.
Apriamo il dibattito, raccontando e ricostruendo le nostre esperienze, partendo da episodi che sono nel nostro quotidiano. Raccontiamoci, anzi ri…raccontiamoci il nostro mestiere.

Possibili spunti di riflessione
Propongo alcuni interrogativi che possono contribuire a mettere a fuoco il senso della nostra professione per poi lasciare a voi la libertà di scegliere come e su cosa intervenire e discutere.
C’è un’osservazione fondamentale da cui partire e l’ha suggerita Hannah Arendt:
“L’insegnante si qualifica per conoscere il mondo e per essere in grado di istruire altri in proposito, mentre è autorevole in quanto, di quel mondo, si assume la responsabilità. Di fronte al fanciullo è una sorta di rappresentante di tutti i cittadini della Terra, che indica i particolari dicendo: ecco il nostro mondo”.
Proviamo a scomporne i molteplici aspetti di questa affermazione sotto forma di interrogativi:
-l’insegnante conosce il mondo?
-C’è la disponibilità a conoscere il mondo e la possibilità di farlo?
-Ha bisogno di un aiuto esterno?
-Quanto è come, di questo, si può portare in classe?
-Quanto pesano i ragazzi nella ridefinizione del mestiere di insegnante?
- Il nostro mestiere può prescindere da chi ci sta di fronte?
-Come di confrontano (incontrano, scontrano) gli insegnanti con le altre figure di riferimento (es. genitori)? Indifferenza? Conflittualità? Condivisione?
-Per chi insegna da tanti anni: è cambiato ciò che viene richiesto? È cambiato come?
-Chi è oggi il “bravo insegnante”?

Possibili risposte
Quante domande, una raffica di quesiti nella odierna società dell'informazione. Informazione spesso superficiale ed istantanea, fulminea, senza retroterra culturale od emotivo, approfondimento serio.
Insegnare: verbo della prima coniugazione, -are, penserebbero e direbbero poi i bambini edotti in grammatica italiana.
Insegnare, impresa ardua in questa selva indistinta e confusa di messaggi, di sollecitazioni mass-mediatiche.
Difficile, più difficile di quanto possa apparire, di primo acchito sembrare.
Il rapporto tra Insegnante e Mondo non è certo da trascurare, da sottovalutare perché le acquisizioni cognitive, i concetti, le tecniche, le discipline e le educazioni nascono, si sviluppano e mutano in fisionomia in un contesto molto, molto concreto.
Gli alunni, bambini in essenza, prima di ogni qualificazione sovrastrutturale, vivono, si muovono, toccano, respirano, spaccano e creano.
L'Insegnante deve necessariamente, se ha senso, peso della responsabilità che sostiene, avventurarsi nell'esplorazione del Mondo, il loro, il nostro Mondo.
Saggiarne la durezza, gustarne la varietà, apprezzarne le sfumature, cogliere il buono ed analizzare criticamente il cattivo, il deplorevole sviante.
Bisogna, come Docenti, Educatori, possedere una certa apertura mentale ed intellettiva, procedere oltre le colonne d'Ercole del contingente, spesso affascinante, ma non sempre edificante.
Novità didattiche, nuovi orientamenti pedagogici che si presentano come illuminanti e risolutivi, esplosivi, ma che in realtà vanno osservati a distanza, dall'alto, in basso, di lato.
Dubitarne ed interrogarsi con lealtà lucida ed appassionata, mirare sempre al compito cui dobbiamo assolvere.
Essere disponibili, metterci-in-discussione, giocarci tutte le carte a nostra disposizione, accettare limiti dell'educando, valorizzare le possibilità.
Disponibilità quale volontà a conoscere, a capire, ad interrogarsi, ancora, ancora.
- Potevo fare meglio?
- Ho dato abbastanza?
- Ho ricevuto?
- Quanto?
- E' sufficiente?
- che possibilità offro?
Possibilità, dipende da noi il fatto di costruirla, di coltivarla con sagacia ed impegno fruttuoso. Fecondo.
Accogliere e sfruttare con equilibrio gli aiuti esterni, i supporti nel difficile mestiere di insegnare, di trasmettere qualcosa che ci sta molto a cuore. Cuore, con la C, mi raccomando, al bando la Q! C come Cuore, come Cura nello scegliere. Scegliere bene gli aiuti.
Aiuti ben qualificati e ben calibrati , (esperti, apportatori di testimonianze, dottori in....., referenti di esperienze), aiuti che vanno spiegati e giustificati ai bambini perché senza mediazione coerente non si ottiene niente.
Guidare le esperienze.
Un aiuto può aiutare se costituisce, impersona un filo conduttore, un anello di continuità, di sutura con quanto già trattato, presentato, vissuto.
Aiuto quale sfumatura, aggiuntiva o esemplificatura.
Nuances o tonalità aspra ed accesa che sia.
Aiuto, sì, ma con stile e coinvolgimento effettivo degli alunni, dei discenti, invitati, chiamati a collaborare, a dare, a ridefinire le attività in corso, in itinere.
Il percorso, il viaggio educativo, formativo.
L'Uomo che si fa, che riflette, che da.
Il bambino che comunque c'è, sempre ed in ogni istante.
Gli alunni, già.
Alunni: interlocutori e fulcro del nostro mestiere, un punto di partenza, un pò punto di arrivo.
Inizio e fine di ogni cosa, dell'intero fenomeno didattico-educativo.
Stoffa che deve essere plasmata, modellata, ma non in modo asettico e cattedratico.
Stoffa giocosa ed esaltante, euforica e briosa, luce che dev'essere incanalata su rette morbide e dinamiche, onde foriere di cambiamento, di crescita vera, autentica.
Cambiamento, reciproco.
Solo chi insegna può intuire, sentire quanto gli alunni possono e sanno trasmettere, offrire, non solo ai compagni in termini amicali, sociali.
Interscambio, relazione.
Il bravo insegnante, oggi, è proprio colui che ha sensibilità, spiccata o incipiente coscienza del discente.
Soggetto e non oggetto.
Bravo insegnante è colui che percepisce l'atmosfera nella quale opera, ne assorbe gli umori, gli atteggiamenti velati.
Bravo insegnante colui che sa vedere in lungimiranza, calcolare evoluzioni futuribili, sì non certe, ma possibili e valutabili.
Aggiornamento costante, spirito del proprio tempo, non fuga insensata e vile.
Investimento nella ricerca, nella persona umana, nella salute mentale, fisica, spirituale.
Questo è il bravo insegnante, oggi.
Non mi dilungo più, pensate, pensate... e se volete commentate!

[1] Docente di scuola primaria del 182^ Circolo Federico Fellini - Componente del Comitato di Redazione di Enam Notizie in qualità di Consigliera del Consiglio d’Amministrazione

Nessun commento:

Posta un commento